Il caso Ravachol e l’identificazione biometrica: come tutto è iniziato
Il caso Ravachol rappresenta una pietra miliare nella storia dell’identificazione criminale. È proprio grazie a questo celebre episodio che il sistema Bertillon — antesignano delle moderne tecniche di riconoscimento biometrico — ha ottenuto una validazione ufficiale, dimostrando la sua efficacia nel riconoscere e incastrare i colpevoli.
Ma cosa è successo esattamente nel caso Ravachol? E in che modo ha influenzato le tecnologie forensi che oggi conosciamo e utilizziamo? In questo articolo analizziamo i fatti, il contesto storico e le conseguenze di una vicenda che ha rivoluzionato il modo di identificare i criminali.
Indice
Il caso Ravachol: i fatti
Nel 1870 era nato il primo sistema di identificazione per i criminali: il Bertillon. Il metodo, come vedremo meglio in seguito, cercava di identificare un colpevole basandosi sulla rilevazione delle misure fisiche sospettati. Esso partiva dal presupposto che l’ossatura umana non cambiasse più dopo il ventesimo anno d’età e che ogni scheletro fosse differente.
In questo contesto, il caso Ravachol diventa emblematico in quanto rappresenta la conferma dell’effettivo funzionamento del sistema.
L’11 marzo 1892 ci fu una violenta esplosione nella casa dell’allora presidente del Tribunale Benoit. L’uomo era un giudice che aveva presieduto un processo contro un gruppo di esponenti del movimento anarchico che in quel periodo imperversa in diversi paesi europei. Per questo motivo si cercano subito movente e colpevoli tra gli esponenti del gruppo.
Inizialmente, venne arrestato il professor Chaumartin, insegnante e predicatore dell’avvento della giustizia sociale. L’uomo confermò il proprio coinvolgimento nell’attentato, identificando e fornendo la descrizione dell’esecutore materiale, un uomo chiamato Ravachol.
L’identikit fu così diffuso fino a quando non venne trovato un soggetto dalle multiple identità nascoste sotto falsi nomi, tra cui una di queste era proprio Ravachol.
L’identikit fu così diffuso fino a quando non venne trovato un soggetto dalle multiple identità nascoste sotto falsi nomi, tra cui una di queste era proprio Ravachol.
La polizia non riusciva a comprendere se questo rapinatore assassino latitante potesse essere realmente la persona ricercata responsabile del caso o se si trattasse di individui diversi.
La svolta nel caso Ravachol
A risolvere i dubbi che attanagliavano la polizia accorre in aiuto il metodo Bertillon. L’uomo, infatti, nel 1889 era stato arrestato per furto e i suoi dati antropometrici erano disponibili.
Nel frattempo, il 27 marzo dello stesso anno, un altro attentato dinamitardo di probabile matrice anarchica colpí l’abitazione del procuratore Bulot, anch’egli coinvolto nel processo contro il gruppo.
Il 30 marzo venne arrestato in un bar, sotto segnalazione del proprietario, un uomo colpevole di aver proferito frasi chiaramente indicative della sua fede anarchica. Subito dopo la cattura venne sottoposto al metodo Bertillon e il risultato mostrò la presenza di misure identiche a quelle della scheda di Ravachol. Infine, il 27 aprile un’ultima bomba colpí proprio il bar in cui l’uomo era stato arrestato, uccidendo il proprietario e confermando tutti i sospetti fino ad allora maturati.
Inizió il processo sul caso Ravachol che vide, grazie alla fermezza del giudice, l’imputato crollare e confessare la doppia identità.
Come era evidente, le misurazioni del sistema Bertillon non avevano fallito ma anzi, si erano dimostrate veritiere.
Il successo ottenuto grazie al metodo divenne famoso anche all’estero e il Bertillonage acquisì la fama di essere irrinunciabile per gli organi investigativi di molti paesi al mondo dimostrando l’utilità di un aspetto identificativo dal valore cruciale per l’investigazione giudiziaria.
Alle origini dell’identificazione biometrica: il Bertillonage
Il Bertillonage, altro nome con cui veniva chiamato il sistema Bertillon, è l’antecedente di quello che ad oggi è universalmente conosciuta come identificazione biometrica.
Si tratta, infatti, del primo metodo di identificazione criminale antropometrica, che venne sviluppata dallo studioso Alphonse Bertillon nel 1870, la cui efficacia venne definitivamente confermata dal caso Ravachol nel 1889
L’uomo aveva iniziato ad annotare tutte le caratteristiche fisiche dei detenuti fino a stabilire un metodo di identificazione criminale.
Basato su una combinazione di misure fisiche, risultati di attente procedure, gli aspetti più importanti del metodo prendevano in considerazione due assunti: l’ossatura umana non cambia dal ventesimo anno e ogni scheletro è diverso per ciascun individuo.
Nello specifico, il Bertillonage era composto dalle seguenti fasi:
- rilevazione delle descrizioni fisiche del corpo umano, e quindi di palmo, faccia, corpo nudo, dita, occhi e mano, comprese eventuali malformazioni, tatuaggi e cicatrici;
- rilevazione delle misure fisiche di determinate parti del corpo umano, e nello specifico del torso, braccia, orecchie, naso, testa e statura;
- annotazione sulla scheda chiamata “Osservazioni Antropometriche” del nome del detenuto, delle misure fisiche del corpo e della foto segnaletica frontale e laterale a mezzo busto.
Grazie a questa operazione, era possibile riconoscere un soggetto nuovamente arrestato sotto falsa identità.
L’identificazione biometrica al giorno d’oggi
Ad oggi, l’identificazione biometrica è un sistema automatizzato che permette l’identificazione di una persona attraverso l’analisi di caratteristiche fisiche uniche, ad esempio impronte digitali, iride e lineamenti del viso.
Si tratta quindi di identificare una persona sulla base delle sue caratteristiche fisiche o comportamentali con tecniche di vario genere. In particolare:
- riconoscimento delle impronte digitali: il metodo più diffuso, funziona identificando l’impronta digitale tra quelle presenti in archivio;
- scansione della retina: dal momento che le caratteristiche dell’iride sono univoche per ciascuno e non variano mai nel corso della vita, è il sistema ad oggi più affidabile per la verifica dell’identità;
- riconoscimento facciale: spesso utilizzato per sbloccare gli smartphone ed identificare gli utenti presso gli sportelli bancari. Il volto umano, infatti, presenta circa 80 punti caratteristici che scansionati dai sensori consentono un riconoscimento preciso;
- identificazione vocale: basato sulla lettura delle impronte vocali, uniche per ciascuno, rileva il tono, l’intensità, la frequenza e l’articolazione nasale;
- termografia del volto: rileva la quantità di radiazioni, ovvero di calore proveniente da una persona attraverso un termometro a raggi infrarossi.
Ad oggi, l’utilizzo dell’identificazione biometrica si è diffusa in molteplici settori, tra cui agenzie governative, multinazionali, banche, ospedali, settore commerciale, di distribuzione finanziario e di sicurezza nazionale.
Scopri altri corsi di Laurea, i nostri Master e corsi di alta formazione