Delitto d’onore: storia nel Codice Penale italiano
Il concetto di delitto d’onore, purtroppo, a differenza di quanto si possa pensare non è così lontano nel tempo. Fino a pochi decenni fa, infatti, l’Italia prevedeva l’applicazione di leggi che permettevano l’omicidio per difendere l’onore della famiglia, specialmente in caso di relazioni sessuali illecite.
Strettamente correlata a questa norma c’era la pratica del cosiddetto matrimonio riparatore, che forzava le vittime di violenza a sposare i loro aggressori per riacquistare l’onore perduto.
Cos’è il delitto d’onore
Il delitto d’onore, ormai abrogato da anni, è stato per lungo tempo legato alla sfera sessuale della donna.
Era infatti previsto che le donne dovessero mantenere l’onore con il mantenimento della verginità. Questa non doveva essere persa prima delle nozze: una giovane nubile non poteva quindi intrattenere rapporti prima del matrimonio.
Nel caso in cui un uomo avesse intrattenuto rapporti con una giovane non sposata, gli veniva richiesta una riparazione. Il cosiddetto matrimonio riparatore, che interveniva per ripristinare l’onorabilità della fanciulla.
Purtroppo, questa pratica, spesso, conduceva all’altare numerose giovani vittime di violenza. Il matrimonio riparatore era previsto anche nel caso di stupro: non ci si concentrava sulla violenza subita dalla ragazza, ma sul disonore provocato. Nel caso in cui l’onore violato non potesse essere ripristinato, ad esempio se l’atto era commesso da un uomo sposato, spesso scattava il delitto d’onore.
I familiari della giovane “disonorata” avviavano azioni di ritorsione contro l’uomo. In alcuni casi, si arrivava addirittura all’omicidio dell’uomo.
Tali reati venivano commessi per rivendicare l’onore della propria famiglia.
Il delitto d’onore nel codice penale
Essendo l’onore un valore socialmente rilevante, che potrebbe causare una mancanza di rispetto da parte degli altri, il delitto d’onore venne inserito all’interno del Codice Penale italiano.
Si tratta di un lascito del codice Rocca, una legge di stampo fascista.
L’articolo 587, denominato Omicidio e lesione personale a causa di onore, si riferiva ad una specifica situazione. Quella in cui la moglie o il marito si macchiavano di tradimento.
In questo specifico caso era previsto che, in caso di omicidio della moglie, dell’amante o di entrambi, si potesse godere di riduzioni della pena.
Per citare testualmente l’Art. 587, “Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in delitto d’onore ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni.
Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona, che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella.
Se il colpevole cagiona, nelle stesse circostanze, alle dette persone, una lesione personale, le pene stabilite negli articoli 582 e 583 sono ridotte a un terzo; se dalla lesione personale deriva la morte, la pena è della reclusione da due a cinque anni”.
Questo articolo rimase immutato fino al 1981, anno fino al quale il delitto d’onore era ancora in vigore.
La dignità morale e reputazione sociale
Il delitto d’onore veniva concepito quindi come un reato proprio.
Veniva commesso da chi aveva un qualche legame con la vittima: solo il coniuge, il padre o il fratello poteva commetterlo.
In realtà, il Codice Penale non faceva distinzione di sesso e anche una donna poteva far appello al delitto d’onore. Abbiamo però già anticipato che, spesso, questo tipo di delitto scattava per ripristinare la dignità morale e la reputazione sociale di una donna.
Erano quindi spesso solamente gli uomini a commetterlo. Cosa che poteva avvenire solamente a due condizioni. La prima era la flagranza di reato, mentre la seconda prevedeva “uno stato d’ira implacabile”.
La storia di Franca Viola: il primo rifiuto al matrimonio riparatore
Lo abbiamo già anticipato: nel nostro Paese, spesso, il delitto d’onore era spesso collegato al matrimonio riparatore.
È vero infatti che, in caso di adulterio, le pene per il tradito erano meno severe. Capitava però spesso che, per evitare omicidi o reati legati all’onore, si organizzassero dei matrimoni riparatori.
In sostanza, come anticipavamo, questa pratica imponeva che la vittima di uno stupro sposasse l’aggressore, per “riparare” l’onore della famiglia.
Il matrimonio riparatore era previsto dall’articolo 544 del Codice Penale. Questo recitava: “Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio che l’autore del reato contragga con la persona offesa estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”.
Perché le cose cambiassero, furono necessari decenni.
Dopo anni di matrimoni riparatori, nella Sicilia degli Anni Sessanta una giovane vittima di violenza disse per la prima volta di no.
Si trattava di Franca Viola, una diciottenne di Alcamo che, nel 1965, venne rapita e stuprata dall’ex Filippo Melodia.
La giovane Franca non solo non accettò questo terribile compromesso, ma riuscì a far arrestare il suo carnefice. Non senza dover patire un terrificante processo, nel quale la difesa cercò di screditarla.
La storia di Franca Viola, tuttavia, per quanto terribile, fu una sorta di apripista per la modifica della normativa sul delitto d’onore e sul matrimonio riparatore nel nostro Paese.
L’abrogazione
Un primo passo avanti si ebbe già qualche anno dopo. Infatti, nel 1968 l’On. Oronzo Reale aveva presentato il proprio disegno di legge in merito. L’Onorevole propose di abrogare il trattamento speciale per lesioni e omicidi legati all’onore.
Tuttavia, l’abrogazione definitiva del delitto d’onore non avvenne subito: passarono più di dieci anni.
Articolo 587 del Codice Penale venne infatti ufficialmente abrogato solo nel 1981, con la Legge n. 442 del 5 agosto. In questa data, cessò di esistere il delitto d’onore nel Codice Penale italiano.
La storia di Franca Viola, inoltre, diede impulso ad una modifica alla legislazione italiana in favore delle donne.
Innanzitutto, con la L. n. 66/1996 venne inserita la violenza sessuale tra i reati contro la persona. Precedentemente, tale violenza era inserita nei reati contro la morale pubblica.
Successivamente, nel 2009, lo stalking venne inserito tra i reati. Infine, nel 2013 e nel 2019, vennero introdotte rispettivamente la legge contro il femminicidio e il Codice Rosso.